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"Non è la voce che comanda la storia..." Da Monte Sole a Sant'Anna di Stazzema, memoria in cammino.

santannastaz 

“Non è la voce che comanda la storia: sono le orecchie”.

Questa citazione di Italo Calvino, accompagnata dal gruppo musicale Pgr e da un sorprendente Enzo Iannacci, apre un testo prezioso che, mettendo insieme ascolto e cammino, prendendo parte nel presente e dando valore alla memoria, ci accompagna attraverso diverse estati.

Estati molto diverse, eppure non slegate, anzi continuamente intrecciate.

Simona Baldanzi, nel suo: “Corpo Appennino. In cammino da Monte Sole a Sant’Anna di Stazzema”, ci riporta innanzitutto al 1944, all’estate (e all’autunno) delle stragi nazifasciste. Non più durissime rappresaglie, ma messa in campo, cinica e programmata, di una strategia del terrore e dell’orrore che si concentra nell’uccisione, in primis, di donne e bambini, anche di neonati.Fare il vuoto intorno ai partigiani, questo l’obiettivo primario dei tedeschi in difficoltà all’interno della Linea Gotica.

Sì, la ricordo anche io la terribile immagine della SS nazista, presente nel mio sussidiario della quinta elementare: il lancio in aria di un neonato a Marzabotto, colpito con una scarica di mitra in un tiro al piattello spaventosamente macabro e disumano.

Ma dopo lo squarcio della memoria nelle stragi della notte del 1944, la scrittrice e sindacalista del Mugello, ci apre lo sguardo verso due estati personali, intime, verso il suo corpo.

La prima è quella del 2018, caratterizzata da un delicato intervento chirurgico alla testa che ha avuto conseguenze permanenti sull’udito dell’autrice, la seconda quella del cammino per raggiungere il percorso della memoria e della testimonianza tra due territori, a cavallo di Emilia e Toscana, teatro di due delle più terribili stragi nazifasciste, ma anche di percorsi di pace, giustizia e di, pur tardiva, rinascita: Monte Sole e Sant’Anna di Stazzema.

L’estate del 2019, l’ultima prima della pandemia, è quella del rimettersi movimenti, dell’affidarsi, senza meramente sfidare, il proprio corpo, dopo l’operazione. Dell’incontro con gli ultimi testimoni viventi e della condivisione dei luoghi, della meta e del cammino e della mobilitazione contro le stragi nel Mediterraneo e i porti chiusi, nello scontro con una politica che continua ad utilizzare corpi innocenti, sanguinanti.Di una memoria attiva che non svanisce nelle contraddizioni e nelle sfide del presente.

In realtà il libro di estati ne ricorda ancora un’altra.E’ l’estate del 1994, della scoperta dell’incredibile “archiviazione provvisoria” dell’“Armadio della vergogna”, con i suoi 695 fascicoli sulle stragi nazifasciste in Italia, custoditi e nascosti, in attesa del fluire, inconsapevole e beffardamente silenzioso, della storia.E delle storie. Perché sono tante le storie, unite dal filo conduttore dei passi e dell’orecchio dell’autrice, raccontate, racchiuse, disvelate.

E’ doloroso scoprire, grazie al libro, di quanto il dolore, anche nei protagonisti e nei superstiti, insieme ad interessi esterni, politici, abbia rischiato di offuscare il ricordo, la memoria, la giustizia in questi luoghi.Di come i circa 500 morti del 12 agosto 1944 di Sant’Anna di Stazzema e i quasi 800 di Monte Sole, siano stati, almeno pubblicamente, rimossi a lungo, abbandonati dopo il sangue.

Ce lo ha raccontato bene in un prezioso libro (“Era un giorno qualsiasi. Sant’Anna di Stazzema, la strage del ’44 e la ricerca della verità. Una storia lunga tre generazioni”) Lorenzo Guadagnucci, coraggioso giornalista, una delle voci che hanno spezzato con coraggio e lucidità il silenzio sui soprusi e sulle ragioni del movimento di Genova 2001, nipote di una delle vittime di Sant’Anna. Guadagnucci, incontrato da Simona Baldanzi nel cammino tra Monte Sole e Sant’Anna, ha raccontato anche il silenzio e il dolore del padre, durato di quasi sessant’anni, superstite bambino, della strage. Un silenzio interrotto anche grazie anche al processo del 2004, che ha provato a restituire giustizia alle vittime.

Camminare in pace da Monte Sole, il luogo scelto da Giuseppe Dossetti e dalla sua comunità, per coltivare i semi della rinascita e della preghiera, a Sant’Anna di Stazzema, significa riconoscere collettivamente quelle storie e quei corpi.Ci mettiamo in cammino, scrive Simona Baldanzi, per conoscerli, e insieme, per conoscere e ri-conoscere la nostra di storia, individuale, intima, ma anche collettiva, civile.

Seguiamo le orme di chi, da ormai oltre dieci anni, si mette in cammino su questi crinali dell’Appennino, sfogliando un paesaggio in cui bellezza e dolore, morte e germogli, (su queste montagne è nata la nostra Costituzione) non sono in contraddizione.

In mezzo, tra Monte Sole e Sant’Anna c’è la Smi, l’ex fabbrica di armi di Campo Tizzoro (ora museo), nata all’inizio del ‘900 in questo lembo della montagna pistoiese. Una tappa fondamentale del cammino tra Monte Sole e Sant’Anna. Un luogo in cui l’economia della produzione di armi e del suo indotto, per un periodo, non solo bellico, ha strappato il territorio alla povertà (per poi riabbandonarlo). Altre contraddizioni, ma anche altri segni di rinascita come l’area riconvertita dalla Dynamo Camp, un grande spazio di terapia ricreativa dedicato a bambini e ragazzi con patologie.

Il cammino continua, ed è fatto anche di acqua, fonti, sorgenti, fiumi.Passi di rinascita dei sensi. Non solo l’udito, parzialmente perduto dall’autrice a seguito dell’intervento dell’estate del 2018, ma anche il tatto, l’olfatto. Una fragilità inconsapevole tra necessità performanti e consumanti, di cui ha sfrenato bisogno, senza troppe perdite di tempo, il capitalismo degli schermi e delle realtà virtuali.

Nel cammino ci sono, invece, le persone vere, Sergio, Marinella, Eriberto, Davide. Lorenzo, i loro zaini e i loro sogni.Enrico che, piccolo superstite, continua a raccontare, senza stancarsi, cosa successe a Sant’Anna il 12 agosto 1944.Silenzi, parole, ricordi.

La fragilità di Simona Baldanzi attraversa tutto il libro. Ma è una fragilità che, gradualmente, si riconcilia con se stessa.Riconcilia, non, si rassegna. Resiste. Continua a scoprire e ad ascoltare, magari diversamente. Corpo Appennino, in fondo, è anche un libro sulla fragilità e sulla “cura”.

La “cura civile” della memoria e la cura pubblica dei corpi e delle persone. Di una sanità territoriale, fatta di donne e di uomini di valore, ma ferita, precaria già ben prima della pandemia. Le pagine, attraverso il corpo di scrive, ce lo raccontano senza filtri.

Arriva l’estate del 2020. Siamo vivi. Non solo superstiti. I corpi, come Enrico e Simona, continuano a camminare e ad ascoltare nel tempo e nello spazio, a superare montagne e colline.

A parlare, parlarsi e a parlarci. Silenzio che si fa voce.E storie che si fanno Storia, racconto collettivo, frammenti intrecciati che resistono insieme.

Raggiungono il mare ad agosto: memoria viva, memoria custodita, memoria liberata, memoria in cammino.

Simona Baldanzi. Corpo Appennino. In cammino da Monte Sole a Sant’Anna di Stazzema, Ediciclo Editore.       

Francesco Lauria (Centro Studi Cisl Firenze)

Pubblicato anche su Report Cultura l'11 agosto 2021.

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