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Saggi e Articoli

L’APPRENDISTATO TRA LEGGE E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Introduzione

Di particolare rilievo è la riforma dell’apprendistato operata dal d.lgs. 14 settembre 2011, n.167, c.d. Testo Unico dell’apprendistato, in vigore dal 25 ottobre scorso. (Per il regime transitorio ed il nuovo regime sanzionatorio si veda la circolare del Ministero del lavoro 11 novembre 2011, n.29).

Di fronte alla gravità della situazione occupazionale dei giovani in Italia, stante la crescente separazione tra scuola e lavoro e d’altro lato il vero e proprio blocco dell’accesso al lavoro determinato dal protrarsi della crisi economica, l’apprendistato può rappresentare una misura importante per favorire la transizione dei giovani verso un’occupazione stabile.

La riforma, che prende l’avvio dall’accordo tra Governo, Regioni, Province autonome e parti sociali, del 27 ottobre 2010, è costruita attorno alcune linee innovative quali: l’estensione dell’ambito di applicazione, la valorizzazione del ruolo della contrattazione collettiva, la semplificazione dei percorsi attuativi. Viene d’altro lato confermata l’articolazione del rapporto su tre diverse tipologie formative, seppur rinominate e modificate rispetto a quanto previsto dal d.lgs.n.276/2003 (attuativo della “legge Biagi”).

Si tratta ora di implementare l’assetto legislativo con un’intensa attività contrattuale che consenta all’apprendistato, in particolare a quello professionalizzante, di diventare il canale di accesso privilegiato al lavoro, attraverso anche un rafforzamento degli incentivi.

Strettamente connesso appare peraltro il rafforzamento dei sistemi di certificazione della formazione erogata e di acquisizione delle competenze, anche mediante la bilateralità, al fine di una più certa ricostruzione dei percorsi di carriera e di apprendimento.

Il d.lgs.n.167/2011 ha riformato la disciplina dell’apprendistato, abrogando la normativa preesistente, ora sostituita da un Testo Unico di soli sette articoli.

Il Testo Unico dell’apprendistato: definizione e disciplina generale

 

L’art.1, comma 1, definisce l’apprendistato come “un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani”.

L’apprendistato si qualifica dunque, come speciale rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a c.d. causa mista, in cui lo scambio tra lavoratore e datore di lavoro non è solo tra energie lavorative in cambio di retribuzione bensì tra energie lavorative contro retribuzione più formazione.

Il rapporto di apprendistato presenta tuttavia la caratteristica di poter essere risolto, alla scadenza del periodo formativo, ai sensi di quanto disposto dall’art.2118 del cod.civ. (che regola il recesso ad nutum, con preavviso, del contratto a tempo indeterminato). Se peraltro nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. In tal senso dispone espressamente la lettera m), dell’art.2, comma 1, del Testo Unico. A sostegno della configurazione dell’apprendistato quale rapporto di lavoro a tempo indeterminato depone del resto quanto previsto dalla lett. l), dell’art.2, comma 1, che fa divieto ad entrambe le parti (è dubbio che tale divieto operi anche nei confronti del lavoratore) “di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo”, trovando applicazione, in caso di licenziamento privo di motivazione, le sanzioni previste dalla normativa vigente, a seconda del limite dimensionale delle imprese (c.d. “tutela reale” o “tutela obbligatoria”). La possibilità dunque che la contrattazione collettiva nazionale possa prevedere, per le attività svolte in cicli stagionali, “specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato” (art.4, comma 5, T.U.), è da considerare una eccezione alla regola sopra esposta.

Una significativa valorizzazione del ruolo della contrattazione collettiva si ha in merito alla determinazione delle regole generali del contratto di apprendistato, che il legislatore rimette “ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” (art.2, comma 1, primo periodo). Si esclude dunque la possibilità di interventi della contrattazione collettiva di secondo livello, aziendale o territoriale, come pur previsto nella prima bozza di Testo Unico.

D’altro lato l’espressione “associazioni…comparativamente più rappresentative” è da raccordare con i criteri ora stabiliti dall’accordo interconfederale sulle nuove regole della rappresentanza sottoscritto tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil il 28 giugno 2011, e definitivamente siglato il 21 settembre 2011.

In particolare l’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere

 

Tra le diverse tipologie di apprendistato (apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, apprendistato di alta formazione e ricerca) particolare rilievo assume la contrattazione collettiva in riferimento all’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere.

L’art.4, del Testo Unico riforma sostanzialmente l’apprendistato professionalizzante (già art.49, d.lgs.n.276/2003 e s.m.i.), tipologia contrattuale su cui si erano concentrate, in passato, le maggiori criticità.

Il contratto di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere (termine che sta a significare la prevalenza della formazione pratica, “on the job”, su quella teorica), può essere stipulato “per il conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali”, da parte di soggetti di età compresa tra i 18 ed i 29 anni. Per i soggetti già in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del d.lgs.n.226/2005, tale tipologia contrattuale può essere anticipata a partire dal 17° anno di età (art.4, comma 1).

Innovando rispetto al passato si rimette esclusivamente agli accordi interconfederali ed alla contrattazione collettiva, in ragione dell’età e del tipo di qualificazione contrattuale da conseguire, la disciplina della “durata e le modalità di erogazione della formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche, in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inquadramento del personale , nonché la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componente formativa, non può comunque essere superiore a tre anni ovvero cinque per le figure professionali dell’artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento” (art.4, comma 2). La previsione da raccordare peraltro con quanto disposto dall’art.6, comma 2[1], può rappresentare un’utile occasione per aggiornare il sistema di qualifiche e di inquadramento professionale, che in molti settori figura tra le parti più desuete della disciplina contrattuale. Sono infatti spesso richieste professionalità e competenze, anche in conseguenza del rapido sviluppo tecnologico, che non sempre trovano uno specifico riferimento nell’inquadramento professionale contrattuale. Altro profilo di rilievo è la esplicitazione, ed il relativo riconoscimento anche economico, delle c.d. “competenze relazionali”, indispensabili in taluni settori (si pensi ad esempio al commercio ed al turismo), che si danno per presupposte tra le performance della prestazione lavorativa.

“La formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la responsabilità dell’azienda, è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dall’offerta formativa pubblica, interna o esterna all’azienda, finalizzata all’acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte ore complessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio e disciplinata dalle Regioni sentite le parti sociali e tenuto conto dell’età, del titolo di studio e delle competenze dell’apprendista” (art.4, comma 3).

“Le Regioni e le associazioni di categoria dei datori di lavoro possono definire, anche nell’ambito della bilateralità, le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere” (art.4, comma 4).

Diventa pertanto la contrattazione collettiva, nei termini indicati, il punto di riferimento dell’apprendistato professionalizzante (e non più il sistema delle qualifiche Regionali). Tale tipologia risulterà utilizzabile in momenti diversi per ciascun settore produttivo, secondo la velocità in cui sarà sottoscritta la relativa normativa collettiva, senza alcun influenzamento da parte della legislazione regionale. Peraltro è il datore di lavoro che diventa pienamente responsabile della formazione professionale o di mestiere, non dovendosi solo limitare a garantire agli apprendisti la mera frequenza ai percorsi formativi.

Il regime transitorio

 

Il regime transitorio è particolarmente stringente, stabilendosi un termine molto stretto per la conclusione del percorso attuativo. Per le Regioni ed i settori ove la nuova disciplina non sia immediatamente operativa, trovano applicazione, in via transitoria, e non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del Testo Unico (fino al 25 aprile 2012), le regolazioni vigenti. Al termine di tale periodo l’unica disciplina applicabile sarà pertanto quella contenuta nel d.lgs.n.167/2011. Ciò vale peraltro, per espressa previsione legislativa, con esclusivo riferimento alle tipologie di apprendistato che, per essere operative, necessitano di un intervento della contrattazione collettiva e/o delle Regioni.

Con specifico riguardo all’apprendistato professionalizzante o di mestiere, d’altro lato, è espressamente disposto che, in assenza dell’offerta formativa pubblica “integrativa”, di spettanza delle Regioni, finalizzata all’acquisizione delle competenze di base e trasversali, tale tipologia contrattuale possa essere comunque attivata sulla base della sola disciplina contrattuale vigente (art.7, comma 7)[2].

 


[1] Secondo cui per l’apprendistato professionalizzante (e per quello di ricerca) la verifica dei percorsi formativi dovrà necessariamente rapportarsi agli standard professionali di riferimento definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria o, in mancanza, attraverso specifiche intese da sottoscrivere a livello nazionale o interconfederale, anche durante la vigenza contrattuale.

[2] Cfr. più ampiamente per il dettaglio operativo del regime transitorio riferito alle diverse tipologie di apprendistato, circolare Min. n.29/2011.

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